IO-RESTO-IN-GIARDINO

01/04/2020
IO-RESTO-IN-GIARDINO
E la Natura è tutto un suono, un batter d'ali.
Il salice (Salix viminalis) che mi fa ombra è una locanda per api, vespe, bombi: tutti a far scorta di polline! Ogni tanto mi cade un amento tra i capelli: sono riccioli d'oro carichi di energia!
Un mese a casa, un mese nel “non-luogo”; un mese bellissimo.
Il tempo mi scorre tra le dita, arriva il tramonto e mi scopre ancora indaffarata: la giornata (di luce) volge al termine eppure ho ancora tanto da fare. Zappetta in mano, guanti e grembiule mi fermo un attimo ad assaporare quella luce perfetta che dona contorni netti ad ogni cosa: l'argento degli olivi, il corallo delle aloe, il rosso sfacciato delle begonie.
Per gli animi selvatici come il mio, questo è un momento di grazia: nessun impegno – se non con me stessa – il telefono suona pochissimo – e comunque per lo più è spento – le giornate sono solamente mie.
Libri, giardino, gatti, pensieri.

Poche macchine sulla strada, non più gli aerei a sporcare l'azzurro del cielo.
Noi specie in estinzione.
Noi mascherine e guanti per non infettare il mondo.
Noi parassiti del pianeta.
L' unica specie in grado di tirare lo sciacquone e far risucchiare nello scarico tutto quello che c'è.
L'unica specie che non si è adattata a vivere là dove è apparsa e che vuole modificare tutto a suo uso e consumo, senza rispetto, senza pensare.
E poi, arriva un trasformista, un esserino così piccolo che senza il microscopio si direbbe che non esista ed è il caos.
Come basta poco per metterci in crisi!
Le nostre certezze si basano sul nulla, sull'artificio e in un attimo tutto crolla.

Ma non per tutti.
C'è qualcuno che non sente minimamente nostalgia per quanto ora ci è negato.
C'è qualcuno che sta bene con se stesso, anche con i suoi fantasmi, qualcuno a cui già “il prima” andava stretto e cercava di arginarlo in tutti i modi.
Chi ha un animo selvatico e si nutre del suo essere e della Natura che lo circonda vive appieno ogni giorno. E non si annoia: anzi, il tempo non basta!
E chi ha un giardino è un privilegiato.
Chi ha deciso di vivere il più possibile lontano dal troppo cemento adesso è fortunato.
Nelle città il verde è abolito da tempo: benedette quelle illuminate che stanno facendo marcia indietro.
Dieci, quindici piani di piloni, ascensori, mattoni, calcestruzzo; finestre che si aprono su altri piloni, mattoni, cemento.
Se un parco o un bel filare di alberi fossero il quadro che si presta agli occhi aprendo le imposte non sarebbe diverso? Se agli occhi di tutti sfilassero sfumature di verde anziché di grigio l'animo sarebbe più leggero.

C'è tempo per pensare.

C'è tempo per pensare a noi stessi, per respirare qualcosa di nuovo, per scacciare l'idea di quella “normalità” che in tanti rivogliono con prepotenza che tutto è tranne che normale perché ci ha portato fuori da tutto, fuori dal mondo fatto di erba, di corteccia, di essere viventi, di suoni, profumi, di luce, di pioggia, fulmini, di elementi corporei, materici, da toccare, annusare.
Abbiamo creato un mondo che è altro da noi e siamo divenuti girovaghi impazziti, smarriti, denaturati, alienati come le nostre città, senza corpo, senza anima, ogni luogo fotocopia dell'altro.
Abbiamo nostalgia di questo?

Abbiamo nostalgia delle piccole cose inutili, della fretta che ci incatena le caviglie, che ci strangola o abbiamo nostalgia di qualcosa che sentiamo irrimediabilmente perduto, smarrito ormai vagheggiato?

E' così difficile cercare di veder le cose da un'altra prospettiva?
Così difficile comprendere che non siamo il centro dell'Universo, che facciamo parte di un tutto, che avendo cura di noi stessi, della nostra intima natura, ci prendiamo cura del tutto?

Smarriti in un fitto bosco, perduto il sentiero, possiamo ancora scorgere un fumo che lento sale all'imbrunire, sentire il profumo della legna nell'aria che ci riconduce nella casa-rifugio-bivacco, che ci riconduce a quel giardino dell'anima che dispensa gioia e nutrimento.
Viviamo il giardino, in giardino, in qualunque forma ed espressione esso si presenti: prato, finestra, balcone, una montagna con le sue praterie, la campagna assolata, le pinete, un sogno, una fantasia, un ricordo.
Troviamo il coraggio di abbandonare la “normalità” e vestiamoci di nuovo, ritroviamo la nostra quintessenza che è organica e non di sterile cemento.
Ripensiamo al nostro vivere, rovesciamo le abitudini e le convenzioni.

C'è qualcuno che non ha nostalgia di quanto ora ci è negato e che teme che tutto ritorni esattamente come prima, immutato.

C'è qualcuno che in passato già aveva "costruito una casa da giardiniere": il “fuori” dentro di sé e sé stessi fuori, nel tutto.

 
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