Il giardino mediterraneo e i suoi aromi

20/12/2021
Di seguito una pillola dell'intervento tenuto a Palazzo Mediceo di Seravezza sabato 11 dicembre 2021 in occasione della mostra "Alfabeto Artigiano" CNA Lucca 23/10/21-09/01/22 - progettazione ed installazione de "Il giardino mediterraneo e i suoi aromi": Versilia Garden (lettera "E" come Eden).
Ringrazio per la gentile collaborazione: Ivano Gardening di Massarosa (LU) per aver fornito l'arredo ed il Vivaio Babboni Tarabella di Querceta (LU) per aver messo a disposizione le piante.
a cura di Alice Lombardi - Garden Design e Guida Ambientale Escursionistica AIGAE


La macchia mediterranea è una delle associazioni vegetali più ricche e vivaci: come resistere al suo profumo intenso, ai colori, agli aromi che sprigiona nelle giornate assolate o toccando una foglia.
La macchia è altresì testimone della biodiversità poiché i suoi protagonisti sono così vari e numerosi.
Un gruppo di piante specializzate per resistere al vento marino, al sole impietoso, che rinasce dalle sue ceneri in caso di incendi; è il gelo invernale il vero nemico della macchia, se prolungato.
Costituita da alberi, arbusti ed erbacee si offre come spettacolo meraviglioso in natura dalle coste fino all’entroterra, sulle colline fino ai boschi misti e come affidabile alleata in giardino.

Conosciamo alcuni protagonisti: alberi della macchia
Appartenente alla famiglia delle Fagaceae Quercus ilex (Leccio) è uno degli alberi più diffusi nel bacino del Mediterraneo.
Sempreverde, con foglie ellittiche, coriacee, tomentose – ovvero ricoperte da peluria - sulla pagina inferiore: adattamento al clima caldo che permette di limitare l’evapotraspirazione. Le foglie sono altresì caratterizzate da uno spiccato dimorfismo: alcune presentano margine seghettato, altre liscio, anche in funzione dell’età della foglia stessa.
Longevo, può raggiungere i 25/30 m e la sua chioma folta e densa crea un’ombra quasi impenetrabile che riduce, nei boschi a prevalenza di questa specie, la presenza del sottobosco.
Il frutto è una ghianda commestibile con cui in passato si preparava il pane di quercia.
Il Leccio era una albero sacro a Roma legato a Giove: boschetti di leccio proteggevano altari e templi. Si credeva inoltre che attirasse i fulmini, come le altre querce, e che pertanto fosse pianta oracolare, ovvero che se ne potessero trarre messaggi dalla divinità.
Plinio - scrittore, naturalista, filosofo, comandante militare e governatore provinciale romano vissuto nel I°sec. d.C. - ci informa che sul Vaticano, conosciuto anche come “Colle degli Indovini”, si trovava il leccio più antico della città, citato in una targa di bronzo posta in situ a caratteri etruschi, testimonianza della venerazione per questo albero e, più in generale per tutti i lecci, da parte delle civiltà passate.

Un’altra quercia della macchia è Quercus suber (Sughera).
Sempreverde con foglie coriacee “simili” a quelle del Leccio, si differenzia dal primo soprattutto per la corteccia suberosa dalla quale si ricava il sughero commercializzato. Questo spesso strato viene raccolto ogni nove anni: si tratta di una tecnica complicata che deve essere effettuata con cura solo da mani esperte, affinché l’albero non venga danneggiato.
Il sughero è un isolante termico, una difesa fondamentale contro gli incendi, che protegge le preziose parti interne dell’albero dove scorre la vita. La sughera pertanto si definisce una "pirofita passiva", cioè che resiste al passaggio del fuoco, differente nel comportamento dalle pirofite attive - ad esempio il pino Pinus pinaster e Pinus pinea - che bruciano velocemente a causa delle resine contenute ma che con altrettanta velocità si propagano nel terreno germogliando copiosamente. Molte piante della macchia per l'elevata concentrazione di oli volatili infiammabili e resine facilitano il propagarsi degli incendi: la germinazione è indotta dal fuoco in maniera massiva su molte specie che in questo modo garantiscono la propagazione della progenie; tutta la macchia si è pertanto attrezzata per resistere al fuoco o per rigenerarsi con facilità dopo gli incendi: adattamenti differenti per dare continuità alle specie. 
Le ghiande, conosciute fin dal Neolitico, venivano impiegate per la preparazione in Sardegna del “Pane de Lande” o “Pan’Ispeli"; sbucciate e lessate, se ne otteneva una sorta di polenta che doveva essere filtrata attraverso strati di cenere – per privarla del tannino- di argilla – come legante – ed erbe aromatiche, e posta ad asciugare al sole o in rudimentali forni; veniva successivamente tagliata a fette e di nuovo seccata: il preparato finale era un pane azzimo di lunga conservazione. In letteratura si trovano altri riferimenti a questo pane di quercia, come nella Bibbia e lo stesso Plinio ci informa del suo consumo a Sparta.

Alcuni arbusti della macchia:
Pistacia lentiscus Famiglia delle Anacardiaceae (Lentisco) è un arbusto o piccolo albero, poco impiegato nei giardini, che meriterebbe la nostra attenzione.
Sempreverde, con vegetazione fitta e foglie coriacee e composte, produce bacche rosse che si tingono di blu in autunno dopo la maturazione e che i Romani conservavano sotto sale per insaporire le carni; dalla loro spremitura ne ottenevano un olio combustibile per le lampade.
Il prodotto più noto sin dall'antichità, era il “mastice di Chios”, dall’omonima isola greca, dove era prodotto in grandi quantità. Il mastice è la resina che fuoriesce dalle incisioni praticate sul tronco ed era impiegato come astringente, come eccipiente di profumi e pomate, come profumo da bruciare.
Oggi è utilizzato come adesivo e trova impiego nell’ambito artistico, come fissante finale per dipinti a tempera e a olio.

Tra le acidofile, l’Erica arborea – Famiglia delle Ericaceae - svetta nella macchia raggiungendo anche i 6 m di altezza e i 3 m di ampiezza.
Il Genere Erica comprende circa 700 specie dal portamento prostrato o arboreo con differenti periodi di fioritura: un’occasione imperdibile per godere di sfumature attraenti nei nostri giardini nelle diverse stagioni.
Arbusto sempreverde, con foglie piccole e aghiformi, fusto e rami sottili, presenta fiori campanulati raccolti in racemi di c.a. 20-40 cm di colore bianco leggermente sfumato di rosa e profumati di miele. Per immergersi nella sua vaporosa fioritura prendete nota sul calendario dei seguenti mesi: da marzo a maggio.
Di facile coltivazione, necessita di substrato per piante acidofile eventualmente con aggiunta di torba, se non già presente nel terriccio specifico.
Crea macchie di nuvole bianche molto apprezzate dagli insetti ed è visitata dalle api poiché è pianta mellifera. I fiori essiccati si prestano per creare composizioni decorative. L’infuso di fiori veniva impiegato come rimedio contro le infezioni delle vie urinarie e come antireumatico.
Il legno veniva impiegato per realizzare i pali di sostegno della vite, inoltre, con la radice e le parti basali, resistenti al calore, si creavano posacenere ed il fornellino da pipa. L’erica è ottima per la produzione di carbone utilizzato dai fabbri trattenendo il calore e bruciando lentamente.
In molte località della Toscana, è tradizione tenere una scopa di erica dietro la porta per allontanare le streghe che, si racconta, non possano entrare fino a quando non hanno contato tutti i rametti che la compongono.  

Uno degli arbusti più vivaci della macchia è sicuramente il cisto Famiglia Cistaceae.
Produce incessantemente fiori vistosi per diverse settimane a partire dall’inizio dell’estate. Sfortunatamente non durano più di un giorno, ma quello successivo ne vedremo aprirsi di nuovi tanto da non accorgersi di quelli appassiti. Hanno un aspetto stropicciato, quasi di carta velina, fucsia, rosa o bianchi macchiati di giallo o marrone al centro. I più diffusi nei nostri territori sono il Cistus incanus (cisto rosso) che raggiunge c.a. un metro di altezza, assente solo nelle regioni alpine e in Ligura; Cistus monspeliensis, alto un metro, con un intenso odore aromatico e legnoso; le foglie sono strettamente lanceolate con margini talvolta arrotolati all’interno da far sembrare le foglie quasi aghiformi, sono scure e farinose per la presenza di peluria nella pagina inferiore, fiorisce in bianco; Cistus salvifolius, le cui foglie ricordano quelle delle salvia, è una componente costante della macchia che illumina con i suoi fiori bianchi macchiati di giallo alla base dei petali - è assente solo in Trentino e nell’Alto Adige.
Tutti i cisti, per la presenza di olii aromatici e resinosi sono altamente infiammabili, ma si riseminano con grande facilità. Sopportano la siccità e i terreni aridi: alleati perfetti per giardini con ridotta richiesta idrica

Gli arbusti della macchia sono ottimi per creare siepi miste.
Le siepi miste sono formate da piante di diverse specie che possono dialogare tra loro permettendoci di avere una varietà di forme e colori durante l’arco di tutto l’anno, dunque, estremamente interessanti da un punto di vista estetico; possono regalare fioriture a scalare e successivamente frutti e bacche che rendono piacevole ed interessante anche la stagione autunnale. Inoltre, si possono inserire piante non autoctone purché presentino le stesse esigenze di coltivazione e clima, al fine di creare giardini più differenziati.

Le siepi miste favoriscono altresì la biodiversità in giardino: la Natura è un organismo complesso costituito da una grande varietà di forme che assieme garantiscono la stabilità dell’ecosistema. Maggiore è la quantità di forme viventi, maggiore risulta l’equilibrio ecosistemico.
Elenchiamo alcuni semplici esempi: qualora un patogeno attaccasse una pianta che costituisce l’intera siepe, con grande facilità la malattia potrebbe diffondersi anche agli altri esemplari; viceversa, la presenza di specie differenti crea una barriera naturale al dilagare della patologia permettendoci di intervenire prima che il patogeno abbia invaso l’intera siepe ed in maniera mirata. Inoltre, piante differenti utilizzano anche in modo differente gli elementi presenti nel sottosuolo, senza entrare in conflitto e senza impoverire allo stesso modo di tali elementi il terreno; alcune piante possono al contrario arricchire il terreno di sostanze necessarie anche alle altre, come ad esempio le Fabaceae (ex Leguminosae) che riescono a fissare l’azoto presente nell’atmosfera grazie alla simbiosi con batteri azotofissatori che vivono sulle loro radici; generalmente questo elemento viene dilavato con le piogge (piante che assolvono a questo compito importantissimo sono ad esempio le ginestre come Spartium junceum o i Cytisus).
Le siepi miste sono molto apprezzate dagli insetti impollinatori e dalle api nonché dagli uccelli che spesso si cibano dei frutti autunnali e dai piccoli animali che frequentano i nostri giardini. 
Quindi una siepe mista in giardino è un patrimonio in biodiversità.
Una rete di giardini ricchi di specie autoctone o adatte al territorio pertanto  crea l’opportunità di una maggiore stabilità ecosistemica, rafforzando la salute dell’ambiente con conseguente beneficio della comunità che ospita, sapiens compresi.

Il mondo delle aromatiche.
Protagoniste affascinanti della nostra flora, di facile coltivazione anche in vaso, ricche di virtù, “rappresentano la poesia della natura verde”, citando le parole del Dott. Vito Coletto, che è stato Curatore dell’Orto Botanico dell’Università di Torino, nella prefazione al volume “Le piante aromatiche”, Editoriale Giorgio Mondadori edito nel 1989.

Il principe assoluto è Rosmarinus officinalis Famiglia Lamiaceae (Rosmarino)
Si tratta di una perenne arbustiva tipica delle zone boscose mediterranee e costiere.
Amante del sole, teme il freddo e le gelate prolungate: da proteggere dunque in caso di temperature rigide o, meglio, da mettere a dimora o piantare in vaso in luoghi riparati e assolati.
Il terreno di coltivazione deve essere sciolto, fresco e ben drenato.
Le foglie lineari e balsamiche sono intensamente profumate e ricche di oli.
I fiori sfumano dall’azzurro al color lilla e sono riuniti in racemi.
Il rosmarino fin dall'antichità ha ispirato leggende e tradizioni.
L’origine del nome è ricca di significati, secondo le fonti: Rosmarinus da ros rugiada e maris mare, quindi “rugiada del mare”, oppure, rosa maris, cioè “rosa del mare”, e infine, rhus arbusto, quindi “arbusto del mare”.

Veniva impiegato anche come incenso nelle cerimonie religiose.
Gli Egizi lo consideravano un simbolo di rinascita e di immortalità e ne mettevano una manciata nelle mani del defunto per facilitarne il viaggio nell'aldilà; i Romani, mettevano sul capo dei Lari, le divinità familiari, corone di rosmarino perché proteggessero la casa.
In passato, anche in Europa, i defunti venivano accompagnati al sepolcro tenendo in mano un rametto di rosmarino oppure si confezionavano corone con rosmarino, mirto e alloro.
Il rosmarino rientra nella ricetta miracolosa dell’Acqua della Regina d’Ungheria che a 72 anni, inferma e malata di gotta, trovò giovamento e guarigione grazie a quest'acqua portentosa. In commercio sono reperibili tonici a base di rosmarino che aiutano a risvegliarsi con un rinnovato benessere.
Il rosmarino è considerato anche un amuleto vegetale: in Inghilterra, ancora oggi, si ritiene che un rametto infilato nell’occhiello favorisca qualunque impresa.

L’Elicriso, tra le aromatiche, è sicuramente il re della macchia.
Helichrysum dal greco Helios - sole - e chrysos ovvero "oro".
Helichrysum italicum (Famiglia Asteraceae) è diffuso tra macchie e prati aridi fino a 800 m di altitudine, caratterizzato da un colore grigio-argento con foglie lineari e fiori portati in numerosi capolini di colore giallo.
Estremamente aromatico, tutte le sue parti emanano un intenso profumo che ricorda la liquirizia. Il suo inconfondibile aroma di macchia mediterranea è impiegato in profumeria donando alle composizioni note fiorite secche, speziate e legnose.
La coltivazione deve essere effettuata in pieno sole, al riparo di rocce e muri per resistere meglio agli inverni rigidi. Predilige terreni sabbiosi, sciolti e poveri.
Veniva impiegato il succo delle foglie fresche per ungere sotto il naso, sulla gola e sul petto i bambini per combattere i vermi; per lo stesso scopo veniva assunto il decotto di foglie. Cuscini imbottiti di fiori secchi sono utilizzati per combattere l’emicrania.
L’infuso o il decotto di fiori è assunto per sedare la tosse ed eliminare i catarri o come generico antinfiammatorio, oppure utilizzato per sciacqui al fine di combattere ed alleviare le affezioni del cavo orofaringeo. In commercio si trovano numerosi e gustosi prodotti a base di elicriso: sciroppi, liquori, biscotti, confetture e persino una birra artigianale.
Sulle Alpi Apuane versante massese, i pastori erano soliti portare le pecore a pascolare dove cresce l’elicriso per migliorare la qualità del latte.
Ampio anche l’utilizzo dei fiori secchi per creare sacchetti da riporre nella biancheria, oppure bruciati per profumare gli ambienti domestici. In alcune località, la notte di Natale vengono bruciati rametti di elicriso come segno beneaugurante, così come per il giorno di San Giovanni, essendo pianta solstiziale.  
 
Il mondo delle aromatiche e più in generale della macchia mediterranea non si esaurisce con questa breve panoramica; dunque, abbiamo tutti gli ingredienti per poter coltivare il nostro personale angolo delle meraviglie. Nello scegliere quali piante utilizzare sarà fondamentale considerare alcuni fattori determinanti, quali, ad esempio, lo spazio a disposizione, l’esposizione, il microclima, la presenza di allergeni.
Natura ci ha donato tutti gli elementi per dare vita ad un giardino sostenibile, resiliente, che possa sopportare le calde estati e le escursioni di temperarura nei cambi di stagione.
A noi il compito di giocare con la fantasia utilizzando questa tavolozza di colori per creare un luogo che ci assomigli, che parli della nostra personalità, un luogo dove lasciare un'impronta gentile del nostro passaggio.


   
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