Non ho avuto la fortuna di conoscerla, ma leggendo i suoi libri mi fu subito grande amica.
Cercavo quel giorno in libreria, un'eternità indietro, qualcosa di particolare, non un testo come molti: cercavo “il libro per me”; lo trovai: “L'orto di un perdigiorno. Confessioni di un apprendista ortolano” Ed. Ponte alle Grazie 2003 – TeaDue 2007
Il titolo già spalancava un mondo: non um manuale, non solo racconto; qualcosa di più.
Devo a quella narrazione i primi esperimenti orticoli, in vaso, poco spazio, ma grande soddisfazione.
Nelle pagine dei suoi racconti, mi sono sempre riconosciuta, ritrovando lo stesso spirito entusiasta che mi avvolge trovandomi in Natura.
Racconti e poesia, in un abbraccio ogni volta più caldo.
Scrittrice e giardiniera, maestra premurosa, sempre pronta a stupirsi di quella magia che in giardino si rinnova giornalmente, ogni stagione, ad ogni sfiorarsi tra notte e giorno.
E ricordo le lacrime, leggendo “Al giardino ancora non l'ho detto” - Ed. Ponte alle Grazie 2016 - parafrasando l'omonima poesia di Emily Dickinson che racchiude in sé con estrema semplicità tutta la struggente nostalgia nonché lo stupore per la vita che ci abbandona.
Ma i giardini restano.
Dimora di giardinieri e giardiniere che li hanno custoditi, amati, curati; giardiniere e giardinieri come spiriti gentili, sacerdoti a guardia dell'Eden domestico.
Grazie Pia,
ogni vota che sono in giardino ti porto con me.
“I hav'nt told my garden yet
Lest that should conquer me
I hav'nt quite the strength now
To break it to the Bee
I will not name it in the street
For shops w'd stare at me
That one so shy – so ignorant
Should have the face to die.
The hillsides must not know it
Where I have rambled so
Nor tell the loving forests
The day that I shall go
Nor lisp it at the table
Nor heedless by the way
Hint that within the Riddle
One will walk today”
Emily Dikinson