Asseconda quella - insospettabile - naturale inclinazione alla solitudine, quel mio sentirmi capitata sulla terra per sbaglio, quasi appartenessi ad un altrove e lo cercassi ogni giorno con fervente ostinazione.
Parlo più volentieri con gli animali e le piante: c'è una chimica perfetta, una connessione senza pregiudizi, un linguaggio che si spinge oltre l'articolare suoni che generano parole.
Semplicemente, ci si riconosce.
Le mie cellule, i miei ormoni sfiorano gli elementi naturali che mi circondano, in cui vivo, cammino, respiro.
Superate le spiegazioni e le giustificazioni: basta esserci.
Sono giardiniera perché anch'io appartengo a quel giardino emozionale dove mi sento accolta, dove scompare ogni angoscia spazzata via dall'imponente presenza della vita in tutte le sue forme.
Della vita e della morte, che in giardino si sostituiscono una all'altra senza dolore, scacciando quel senso di perdita e di finitezza.
Semplicemente convivono dandosi il cambio.
Sono giardiniera per partecipare e spogliarmi dei tabù, alleggerire lo zaino del viandante e sentirmi, ovunque, a casa.